Il concetto di trance si riferisce ad una nostra condizione o stato molto generale o generica, di natura psichica, esperienziale, esistenziale, forse anche biologica
Il concetto di trance comprende un’ampia gamma di condizioni mentali e di atteggiamenti psicologici, in cui la persona entra normalmente per conto proprio in vari momenti della vita quotidiana, ma in cui può entrare anche per via di circostanze favorite dall’impiego di psicotecniche
Nel linguaggio comune: la trance viene spesso collegata a qualche forma di ipnotismo che venga definito esplicitamente come tale (del tipo: “io ti ipnotizzo!”) e che spesso è conosciuto, almeno tra il pubblico meno esperto, solo attraverso delle sue forme spettacolarizzate e spesso un po’ cialtronesche o volutamente esasperate
Ma l’ipnosi formale è solo una fra le tante circostanze in cui la trance può intervenire
Trance discende dalla preposizione latina trans: attraverso; mentre il verbo latino ire è: andare. Trans-ire indica l’atto o la condizione di attraversare qualcosa o di (tra)passare a qualcosa. Trance è una situazione in cui si passa attraverso qualche cosa, per cui si cambia di condizione o di atteggiamento
Nel teatro attuale facciamo riferimento all’idea di trance nel senso più ampio del termine (senza particolari specificazioni) con cui si evoca un qualsiasi stato di concentrazione in se stessi, dalla più leggera e inavvertita distrazione fino al completo assorbimento in una qualche forma di rêverie (o mentre ci si abbandona ad un film o ad una musica)
Possono essere considerati, almeno in parte, come sinonimi della trance anche tanti altri termini, quali: fantasia, fantasticheria, immaginazione, castello in aria, sogno ad occhi aperti, concentrazione interiore, visione, estasi, teatro interiore (come dice Anna O) ecc
La trance non è uno strumento artificiale, ma una dimensione sempre potenzialmente presente nella condizione umana
Lo stato di trance coincide con il fatto di distaccarsi mentalmente, poco o molto, dal mondo esterno, concentrandosi sulla propria interiorità
La descrizione che ci fornisce Appia sulla condizione di chi sta drammatizzando in scena è perfettamente sovrapponibile a quella di una persona che vive una classica trance ipnotica:
“Presto, il ritmo nascosto, di cui siamo rimasti fino a quel momento inconsapevoli, si rivela. Da dove viene? Esso si manifesta, e stimola dei riflessi. Sotto quale impulso? La nostra vita interiore cresce, ci impone quel gesto piuttosto che un altro, quel passo risoluto piuttosto che questa sosta incerta, oppure l’inverso. E i nostri occhi si aprono, infine: essi vedono il passo, il gesto, che noi possiamo solo sentire. Essi invece li guardano: la mano è arrivata fin qui, il piede si è posato fin là; hanno misurato due porzioni dello spazio. Lo hanno fatto per misurarle? No. E allora, perché fino a quel punto e non più lontano, o più vicino? Dunque essi sono stati guidati. Non è meccanicamente che possediamo lo spazio e ne siamo il centro: è perché siamo viventi; lo spazio è la nostra vita; la nostra vita crea lo spazio; il nostro corpo lo esprime […] Anche nell’arte drammatica solo noi esistiamo. Non c’è sala, non c’è scena senza di noi e fuori di noi. Senza di noi, senza di noi soltanto non ci sono nè spettatori, nè opera scritta. Noi siamo l’opera e la scena” (Appia, 1926)
- Trance è un cambiamento di direzione (latino: versus) per i propri pensieri
- Anche per questo si può dire che lo psicodramma si sviluppa (ovviamente) in trance, tanto che la principale chiave di attivazione del flusso di pensieri dell’autore è chiamata ufficialmente inversione; stante che il latino “in-versus” si può efficacemente tradurre anche come la condizione del “volgersi-dentro” cioè di abbandonarci al nostro insight
- La consapevolezza del fatto di operare in un contesto di trance (generalmente moderata) non sembra essere presente in modo chiaro a molti fra quanti lavorano nel teatro (attuale o rappresentativo che sia) ma la gran parte di quanto avviene sulla scena coincide puntualmente con molte delle condizioni più tipiche della trance (e ne posso evocare qualcuna, giusto in accenno ma rimandando ad altri approfondimenti per capire sul serio: restringimento dei coni percettivi, monoideismo plastico, amnesie più o meno parziali, concentrazione sulla voce del mastro accompagnatore e così via)

Felice Perussia, quarant’anni abbondanti di lavoro psicologico con i gruppi, specie come mastro (e apprendista) di Psicodramma & Ipnosi, ma anche oltre trent’anni come professore ordinario di Psicologia Generale (Personalità, Storia) all’Università – Oggi, come sempre, possiamo crescere insieme (Ci aiuterà!)